Critica testuale 6cfu Della Corte
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Título del Test:![]() Critica testuale 6cfu Della Corte Descripción: Test di critica testuale eCampus, indirizzo “letteratura, musica e spettacolo“ Fecha de Creación: 2023/08/22 Categoría: Universidad Número Preguntas: 144
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Dalla seguente citazione: <<invece l’apparato …….. è completamente esplicito perché indica anche i testimoni della lezione accettata>> Quale delle seguenti parole manca?. Positivo. Nessuna delle precedenti. Negativo. Integrativo. Quale definizione data da Stussi descrive lo stemma codicum?. Ordine cronologico dei codici dal punto di vista dell’epoca del confezionamento. Nessuna delle precedenti. Schema dei rapporti genealogici decisivi per valutare le diverse testimonianza. Rappresentazione dettagliata di come in concreto è avvenuta la trasmissione di un testo. Dalla seguente citazione: << nel cosiddetto apparato ……… sono indicati soltanto i testimoni portatori di lezioni divergenti rispetto alla lezione accettata nel testo critico; i portatori di quest’ultima sono, implicitamente, gli altri.>> Quale delle seguenti parole manca?. Allotrio. Positivo. Critico. Negativo. Lo studente inserisca le parole mancanti dalla seguente citazione: <<Ricostruita con criteri meccanici e col iudicium la lezione dell’archetipo, non resta che correggerne gli errori per avere la lezione dell' ……….. . Se pur succere che questo lavoro si inizi già durante la recentio, l'emendatio ne resta tuttavia ben distinta e si definisce, nell’ambito del metodo Lachmann, come correzione solo congetturale (ope ingenii)>>. Originale. Idiografo. Esemplare. Archetipo. Quale tipo di edizione <<riproduce il testo in maniera accurata e fedele al suo aspetto esteriore, per quanto lo consente l’uso di moderni caratteri a stampa>>?. Scientifica. Critica. Commentata. Diplomatica. Lo studente scelga la parola o le parole mancanti della seguente citazione: << si chiama ……… la copia non conservata, guastata da almeno un errore di tipo congiuntivo, alla quale risale tutta la tradizione; di solito lo si designa con o con x o con ? e a partire da adesso>>. Originale. Idiografo. Esemplare. Archetipo. A quando risalgono i graffiti di Pompei che rivelano come le consonanti finali non venivano pronunciate, e che la e atona davanti ad a passa a i, palatalizzando la I precedente?. III sec. a.C. 1300 d.C. I sec. a.C. 1300 a.C. A quando risalgono i placiti campani?. 1260-63. Nessuna delle precedenti. 560-63. 960-63. Dove compaiono segnalati fenomeni generali come la caduta della vocale atona negli sdruccioli (speculum non speculum, calida non calda)?. Giuramento di Strasburgo. Nessuna delle precedenti. Appendix Probi. Placito cassinese. Un parlante dell’Italia centromeridionale spesso pronuncia non insegnare, consiglio ma, in quella particolare posizione dopo n, inZegnare, conZiglio, cioè, foneticamente, ints- e conts- con: Epentesi dell’elemento occlusivo. Raddoppiamento fonosintattico. Gorgia. Nessuna delle precedenti. Cosa studia, nel libro manoscritto, la paleografia?. Nessuna delle precedenti. La confezione, la struttura, la rilegatura. La scrittura. La committenza. L’alternanza fra tratteggio tondeggiante e tratteggio spigoloso nella libraria fu possibile grazie a: Adozione della carta. Adozione della pergamena. Nessuna delle precedenti. Taglio obliquo della penna. Quale dei seguenti segni dell’alfabeto fonetico rappresenta l’affricata dentale (più precisamente alveolare, perché la lingua tocca gli alveoli dei denti) sonora di zebra: t. Nessuna delle precedenti. d?. ts. In quale delle seguenti parole compare l’affricata prepalatale (t?) ?. Nessuna delle precedenti. Calco. Svelto. Cento. Sono consonanti orali continue sonore: Sibilante v, sibilante palatale g, fricativa labiodentale ?. Sibilante s, sibilante palatale c, fricativa labiodentale f. Sibilante ?, sibilante palatale g, fricativa labiodentale v. Labiale p, dentale t e velare c. Sono consonanti orali continue sorde: Sibilante v, sibilante palatale g, fricativa labiodentale ?. Labiale p, dentale t e velare c. Sibilante s, sibilante palatale c, fricativa labiodentale f. Sibilante ?, sibilante palatale g, fricativa labiodentale v. Quale dei seguenti segni dell’alfabeto fonetico rappresenta l’affricata dentale (più precisamente alveare, perché la lingua tocca gli alveoli dei denti) sorda di zucchero: t. d?. Nessuna delle precedenti. ts. In quale delle seguenti parole è presente la I lateralizzata ('l) ?. Bello. Lombo. Famiglia. Nessuna delle precedenti. Di quale scrittura è tipica la sovrapposizione di curve contrapposte in due lettere successive (ad es. bontade) ?. Bastarda. Gotica testuale. Nessuna delle precedenti. Carolina. Le consonanti occlusive (o esplosive) sorde secondo la simbologia dell’alfabeto fonetico sono: Labiale p, dentale t e velare c. Labiale d, dentale g e velare b. Labiale b, dentale d e velare g. Labiale c, dentale t e velare p. Le consonanti occlusive (o esplosive) sonore secondo la simbologia dell’alfabeto fonetico sono: Labiale d, dentale g e velare b. Labiale p, dentale t e velare c. Labiale b, dentale d velare g. Labiale c, dentale t e velare p. Con quale segno dell’alfabeto fonetico si rappresenta la cosiddetta gorgia?. G. K con punto soprascritto. K con punto sottoscritto. Nessuna delle precedenti. Quelli che chiamiamo << dialetti >>. In quanto discendenti dal latino, possono chiamarsi << volgari >> o << volgari romanzi>>. Mai. Sì. A volte. No. Il lavoro del filologo interessa: Soltanto la grafia e le norme tipografiche. Soltanto l’interpretazione e il commento del testo. La mentalità dell’autore. Anche la grafia e le norme tipografiche. Il ruolo del filologo è quello di: Mettere in rapporto il testo e il pubblico dei lettori. Interpretare il testo prodotto dall’autore. Mistificare il testo prodotto dall’autore. Lavorare presso l’università. L’identikit del filologo moderno è quello di un: Mistificatore. Interprete e traduttore. Mediatore culturale. Accademico. Descrivi i tratti dell’identikit del filologo. Il filologo è un mediatore tra il modo di pensare e scrivere dell’autore e il mondo contemporaneo, ossia il lettore con usi e abitudini differenti. Egli interpreta, commenta e spiega il testo aggiornandone la grafia e altresì adeguandone abitudini tipografiche, rendendole odierne. -. Il testo della Vita Nova di Dante: Non è un esempio di testo nella storia. Non è stato interessato da modifiche dalla sua composizione fino a noi. Non è giunto fino a noi per negligenza dei filologi. Ha attraversato sette secoli dalla sua composizione fino a noi. Il testo può essere inteso: Come un’edizione tascabile. Come un prosimetro. Come un’entità potenziale che assume forme concrete nella storia. Come un’entità fisica. Ogni forma-libro del testo nella storia porta con sé: Le norme grafiche originali. Nessuna traccia. La firma dell’autore. Tracce dei lettori, copisti, tipografi e degli attori individuali che lo hanno riprodotto. Descrivi le due facies del testo nella storia. Un testo nella storia assume due facies. Nella prima, che si riconduce a un piano teorico, virtuale e potenziale, il testo è sempre identico a se stesso, è come è stato voluto dall’autore in una inscindibile connessione di contenuto e forma: è quello che è in filologia diremmo ORIGINALE. Nella seconda facies, quello stesso testo, una volta letto, riprodotto, manipolato, usato in tante forme-libro, porta su di sé tracce più o meno indelebili o dei gusti personali del lettore, il copista, del tipografo o dei gusti letterari espressi dagli attori individuali che lo hanno riprodotto. Subito subito deviazioni, innovazioni, incomprensioni e si è caricato di forme e contenuti che collimano in maniera esatta il testo com’era stato voluto e pensato dal suo autore in quella inscindibile connessione di contenuto e forma. -. Si definisce copia di un testo scritto: L’oggetto ottenuto dalla sua riproduzione indifferentemente manoscritta o a stampa. La forma tipografica. L’oggetto ottenuto dalla sua riproduzione manoscritta. L’oggetto ottenuto è la sua riproduzione solo a mezzo stampa. Nella riproduzione a stampa: La copia è il testo di partenza. L’esemplare è il testo di partenza. Copia ed esemplare corrispondono ad apografo e antigrafo. Copia ed esemplare sono sinonimi. L’esemplare nella riproduzione manoscritta: È analogo all’esemplare della riproduzione stampa. Coincide con l'apografo. Coincide con l’antigrafo. Non è il testo da cui si ottiene una copia. Si definiscono rispettivamente apografo e antigrafo: L’esemplare e la copia. Due riproduzioni dello stesso testo. La copia (antigrafo) ottenuta dal testo di partenza (apografo). La copia (apografo) ottenuta dal testo di partenza (antigrafo). Spiega i termini antigrafo, apografo ed esemplare distinguendo tra copia manoscritta e a stampa. Mentre per il manoscritto abbiamo una copia (apografo) è un esemplare (antigrafo), i testi a stampa sono tutti uguali e quindi non c’è differenza tra copie ed esemplari. ~. La pericope: Non deve essere copiata. È un segmento di testo nell’ambito della riproduzione manoscritta. È un segmento di testo nell’ambito della riproduzione a stampa. Non deve essere memorizzata. Il lettore-copista: Attua una lettura lineare. Verifica velocemente maiuscole e minuscole. Attua una lettura analitica. Non verifica maiuscole o minuscole. Il copista di testo opera una lettura: Lineare. Sintetica limitata all’inizio e alla fine delle parole. Sintetica limitata a lettere, sillabe e parole. Analitica limitata a lettere, sillabe e parole. Lettura analitica e sintetica: questi termini e indica quali di essi è pertinente, è perché, quello di pericope. La lettura analitica è quella di un bambino che riconosce e legge attentamente ogni sillaba, mentre il copista attua una lettura sintetica leggendo l’attacco e la fine di ogni parola e verificando rapidamente se qualche lettera centrale sopravanza in alto o in basso (solo per le minuscole). -. Nella riproduzione manoscritta, aplografia e diplografia indicano rispettivamente: Omissione o raddoppiamento di una sillaba o parola. Integrazione di una parola mancante in una frase. Raddoppiamento o omissione di una sillaba o parola. Integrazione di una sillaba mancante in una parola. Nella stampa tipografica a caratteri mobili la configurazione concreta dell’errore: Consiste nel raddoppiamento di una sillaba o parola. Consiste nell’omissione di una sillaba o parola. È inerente al processo di composizione della linea di scrittura. Non avviene durante la composizione della linea di scrittura. La configurazione concreta nell’errore: Non dipende dei supporti materiali alla scrittura ma solo dalla competenza del copista. Non cambia se la riproduzione è manoscritta o tipografica. Cambia se la riproduzione è manoscritta o tipografica o alla macchina da scrivere o tastiera. Non cambia se la riproduzione avviene con la tastiera o macchina da scrivere. Configurazione concretare l’errore: spiega aplografia e diplografia nella copie manoscritta. DIPLOGRAFIA: DUE SILLABE INVECE DI UNA (CAPITA ANCHE PER LE PAROLE); APLOGRAFIA: PENSI DI AVERLA GIÀ SCRITTA, INVECE NO. -. La cosiddetta “s lunga” è una grafia adottata per la f: Soltanto nella produzione stampa prima del Seicento. Nella produzione manoscritta e a stampa fino al Seicento. Soltanto nella produzione manoscritta. Soltanto nella produzione e stampa dopo il Seicento. Gli errori di lettura nella riproduzione manoscritta: Interessano lettere dalla forma e fattura analoga: i u m n. Dipendono dal significato del testo. Non dipendono dalla grafia del testo. Non interessa non lettere dalla forma hai fattura analoga: f e “s lunga“. La segnatura di un manoscritto: Indica la biblioteca è la città. Prevede necessariamente un fondo o sezione. Indica la biblioteca. Indica città, biblioteca ed eventuale fondo sezione, collocazione numerica o alfanumerica. A quali elementi si riconducono gli errori di lettura nella riproduzione manoscritta?. Durante la fase di lettura il copista può cadere in errori di tipo ottico per lo scambio di una o più lettere con altre di tratteggio simile; sono alcune caratteristiche proprie della scrittura a determinare la maggiore o minore probabilità di un certo tipo di scambio rispetto a un altro. Nella grafia antica può capitare di scambiare tra loro lettere di fattura in forma analoga (consistente in una, 2,3 stanghette verticali variamente collegate tra loro). Si tratta della i, della u, della n e della m. -. La cosiddetta rima siciliana: È una sovrapposizione della forma linguistica del copista alla lingua dell’autore. Non è considerata errore di autodettatura. Non interessa la forma linguistica del testo memorizzato. Interessa il significato del testo memorizzato. La pagina linguistica del copista nella canzone di Stefano Protonaro Pir meu cori alligrari: è francese. è veneta. è toscana. è siciliana. Il fondo linguistico della canzone Pir meu cori alligrari di Stefano Protonaro: È veneto. È siciliano. È francese. È toscano. Da quale “patina” sovrapposta a quale “fondo” sono determinati gli errori di autodettatura? Cita un esempio della letteratura delle origini. I principali errori di autodettatura non incidono tanto sulla sostanza quanto sulla forma linguistica, perché il copista sovrappone alla lingua dell’autore (fondo) la sua propria pronuncia. L’errore potrebbe sembrare superficiale ma non lo è affatto, come si può vedere dalla pagina Toscana sovrapposta alla poesia siciliana quando i toscani credettero che fosse lecita la rima imperfetta della “e“ chiusa con “i” e “o” chiusa con “u” e li imitarono dando luogo alla “rima siciliana”. Addirittura Santorre Debenedetti, all’inizi del 900, scoprì che il “libro siciliano“ di Barbieri, creduto un falso e andato perduto, in realtà era una preziosissima testimonianza della originaria lingua siciliana. -. Descrivi le attività filologica che ruotava attorno alla biblioteca di Alessandria d’Egitto in epoca ellenistica. I filologi ellenistici si dedicarono all’interpretazione e al commento dei testi e alla valutazione dell’affidabilità dei manoscritti.utilizzavano un sistema di segni accanto o sopra il termine, per indicare: -Indebita aggiunta dell’autore (Interpolazione;-OBELOS) -Interessante per lingua o significato (> DIPLÉ) -Divergenza tra edizioni (>: DIPLÉ PUNTATA) -Verso ripetuto erroneamente (ASTERISKOS) -Verso interpolato no un altro luogo (ASTERISKOS + OBELOS) -Ordine versi sbagliato (> u storta ANTISTIGMA) Si dedicarono soprattutto ai poemi omerici, alla tragedia (soprattutto Euripidea), commedie lirici greci, ricorrendo spesso l’interpolazione. Furono i primi ad accettare spiegare le lezioni tramandate o a correggerle ricorrendo ad altri luoghi dello stesso testo o ad altre opere del medesimo autore.questo criterio si chiama USUS SCRIBENDI. -. Descrivi le attività filologica di Petrarca alpino umanesimo Rinascimento. Petrarca fu tra i primi a scovare nelle biblioteche monastiche autori poco o per niente letti nel medioevo. Costruì per sè un enorme biblioteca… Solo altri cinque libri furono scoperti nel 500! Fu tra i primi a postillare i propri codici con annotazioni di tipo erudito o testuale, come testimoniano i libri a lui appartenuti (circa un’ottantina). Fu presto imitato da Boccaccio e Salutati; quest’ultimo scoprì poi le AD FAMILIARES di Cicerone fu capace di correggere ope ingenii (per congettura) un passo di Valerio Massimo.la sua biblioteca arrivo al centinaio di volumi. -. Descrivi l’evoluzione della filologia applicata la Bibbia nel Cinquecento. Il 500 rappresenta un momento ideologicamente importante per lo sviluppo della critica testuale. Se da un lato continua la critica delle lezioni degli autori classici, dall’altro assume sempre maggiori rilievo la critica testuale nella letteratura religiosa, nella patristica, soprattutto nell’elezione del nuovo testamento. Già nel 1449 Lorenzo valla aveva composto le ADNOTATIONES IN NOVUM TESTAMENTUM, nelle quali aveva sottoposto la Vulgata, cioè la traduzione latina di San Girolamo della Bibbia, al confronto degli originali greci dei Vangeli rilevando come in più di un caso la traduzione Girolamini fosse errata o approssimativa rispetto al testo vangelico nella lingua originale. Qualche anno dopo il cardinale Bessarione aveva dimostrato che la lezione offerta da vari manoscritti della vulgata, in un passo del Vangelo di Giovanni, era errata, come dimostrava il confronto con l’originale greco. Nel 1505 Erasmo da Rotterdam stampò le ADNOTATIONES IN NOVUM TESTAMENTUM del Valla, fino ad allora rimasti manoscritte, suscitando notevoli critiche e polemiche. Lo stesso Erasmo pubblico a Basilea nel 1515-16 la prima edizione a stampa del testo greco e nuovo testamento utilizzando almeno cinque manoscritti. Qui si riconosce anche la libertà di giudizio sulla veridicità della parola divina perché erano gli anni della riforma luterana. Tale libertà finì con la controriforma e il concilio di Trento.le opere di Erasmo furono messi all’indice e nel 1590 Papa Sisto quinto fece pubblicare la vulgata minacciando di scomunicare chiunque cambiasse la versione.due anni dopo Papa Clemente VIII fece pubblicare la vulgata Clementina (il clima era cambiato). -. Descrivi il metodo del Lachmann esplicitandone tutti i passaggi. Il metodo di Lachmann spetta solo in minima parte lui. Sicuramente era riuscito, in particolare con l’edizione di Lucrezio nel 1350, a dare significato organico e significato sistematico a una serie di criteri originatesi in tempi diversi e con il concorso di personalità filologiche disparate, fornendo all’ottocento un modello scientifico che riscosse accanto a qualche critica ampi consensi, tanto da essere considerato fondante della disciplina filologica moderna. I Metro si articolò in tre fasi: 1) RECENSIO; 2) COLLATIO; 3) EMENDATIO. Una triade che possiamo ampliare indicando le varie operazioni del filologo senza aggiungere nulla il metodo, ma esplicitando operazioni che Lachmann sottintendeva nella fase della collatio oppure unificava sotto la medesima operazione. Quindi avremo: RECENTIO, RICOGNIZIONE DEI TESTIMONI (manoscritti o a stampa, di tradizione diretta o indiretta); COLLATIO (confronto tra i testimoni); la COSTRUZIONE DI UNO STEMMA CODICUM in seguito ai risultati della collatio; la RESTITUTIO TEXTUS (ristabilimento della lezione originaria utilizzando criteri meccanici in base allo stemma cod. I criteri interni (emendatio ope codicum); eventualmente una emendatio ope ingeni (fase di congettura). Sovrintende a tutte le operazioni (con l’esclusione della recensio) l'interpretatio, massimo grado di piena comprensione del testo. -. Segni grafici come apostrofi e accenti: Erano già presenti prima del Cinquecento. Non sono tipici dell’ortografia moderna. Erano normalmente assenti prima del Cinquecento avanzato. Erano normalmente evitati prima del Settecento avanzato. Che cosa si intende per prescrizione diplomatica. Una trascrizione che mantenga i segni grafici così come si presentano nel antigrafo. Una trascrizione in cui non sono ammesse parentesi. Una trascrizione che non mantenga la punteggiatura. Una prescrizione che introduca i segni dell’ortografia moderna. Di quante corone si compone una griglia di collazione?. Di solito quattro. Di solito due. Una per la numerazione dei versi o delle pericopi e una per le trascrizioni diplomatiche. Una per le numerazioni di versi o pericopi, una per la trascrizione diplomatica e altre colonne quanti sono i testimoni collazionati. Collatio: descrivi una griglia. In fase di collatio il testo di collocazione, che lo si stia scrivendo integralmente o che lo si sia acquisito con procedimenti informatici, Grey essere suddiviso in pericopi: brevi segmenti testuali che costituiranno una sorta di unità di testo alle quali si farà riferimento nel confronto fra gli altri testimoni e il testo di collocazione. questa suddivisione in pericopi si dovrà adattare alle caratteristiche del testo su cui si sta lavorando (in poesia coinciderà con il verso, in prosa un periodo o una frase). Dunque si preparerà un foglio (o una serie di fogli) organizzato in una griglia appositamente predisposta, simile a un foglio Excel, nel quale ogni pericope dal testo di collazione viene trascritta sulla linea di una colonna cui si affiancano altre colonne vuote (i numeri uguale agli altri testimoni), sulle quali si collocherà la vera e propria collazione fra ciascuna pericope del testo di collazione e la corrispondente pericope degli altri testimoni.la prima colonna della griglia è riservata enumerazione di pericopi, che in poesia corrisponde la numerazione dei versi. La seconda colonna accoglie la trascrizione diplomatica verso perverso (sempre in caso di poesia). Le colonne seguenti sono riservate alle varianti degli altri testimoni. -. Che cosa si intende per variante nel processo di collazione?. Un errore e non un’innovazione. Una sola tra le lezioni collazionate. Un’innovazione e non un errore. Una lezione grafica, linguistica o sintattica divergente. Che cosa si intende per varianti sostanziali nel processo di collazione?. Lezioni divergenti che interessano l’intreccio di forma e significato nell’opera letteraria. Lezioni divergenti se piano fono-morfologico. Errori gravi e non innovazioni. Lezioni divergenti sul piano grafico. Che cosa si intende per innovazione riguardo a una variante?. Una lezione divergente che non può essere considerata errore. Una lezione divergente che è possibile collocare cronologicamente come precedente. Una lezione non divergente. Una lezione divergente che possibile collocare in ordine cronologico come successiva. Definisci termini varianti, innovazioni, errori nel procedimento di collatio. Il procedimento di collatio rileva luoghi del testo in cui la lezione dei testimoni diverge in modo vario dal punto di vista grafico o dal punto di vista fono-morfologico o, ancora, dal punto di vista lessicale e del senso o dal punto di vista sintattico e dell’ordine delle parole. Si tratta di VARIANTI. Con tale termine si intende soltanto di scrivere il dato ricavato dalla collazione, a prescindere da qualsiasi considerazione interpretativa o diagnostica.d’altro canto esistono variante che, in un dato luogo del testo, si oppongono all’una all’altra incidente sulla sintassi, sul lessico e sul significato dell’opera in quel particolare passaggio; varianti cioè, che proprio per la loro influenza sul messaggio si possono definire VARIANTI DI SOSTANZA (SOSTANZIALI). Di fronte a due o più varianti di sostanza il filologo, interessato alla restituzione di un testo quanto più possibile l’intenzione dell’autore, non potrà accontentarsi di aver individuato le varianti tramite la collazione, ma si dovrà chiedere quale sia la lezione voluta dallo scrittore quale, invece, sia la lezione introdotta dal copista. Insomma, stabilire un ordine cronologico fra due varianti significa avere la possibilità di dichiarare una delle due varianti erronea perché secondaria, posteriore all’altra, e dunque innovazione rispetto al testo originale.individuata invece la selezione cronologica delle due varianti, sarà possibile dichiarare una delle due (o più) varianti concorrenti, come innovazione rispetto all’originale e, dunque, in quanto deviante da quello che l’autore ha voluto come errore: a rigore ogni innovazione è un errore, anche quelle riguardanti l’aspetto fono-morfologico della lingua dell’autore.in filologia per errore (in senso fortemente tecnico) si intende una modifica dell’assetto originale che ne intacchi in maniera palese la sostanza. L'errore è quindi una variante di sostanza, un’innovazione, poiché si dimostra più recente secondaria rispetto a una variante più antica, che ha maggiori possibilità di essere l’originale. -. All’interno dello stemma codicum le varianti adiafore: Hanno lo stesso significato che nella collatio. Appariranno disposte casualmente nella tradizione. Potranno essere collocate genealogicamente. Conservano il carattere dell’indecidibilità. L’errore in un testo in prosa: Coincide sempre con una variante adiafora. È evidente in modo analogo che in un testo in prosa. È inserito in una griglia metrica e prosodica. È meno evidente che in un testo in poesia. Errori ed errori significativi: le varianti adiafore nella collatio e nello stemma codicum. In seguito alla collatio il filologo elimina gran parte degli errori del testo. Questo però non basta, perché le varianti adiafore sono indecibili. A tal proposito il metodo propone una soluzione: attraverso particolari errori il critico gestuale cerca di ricostruire la genealogia delle testimonianze (stemma codicum) in modo tale da poterle classificare gerarchicamente facendo perdere quindi il principio dell’indecidibilità. -. La nomenclatura di Paul Maas si articola. In due coppie che collaborano a un meccanismo ragionativo. In errore mono genetico e separativo. In errore mono genetico è poligenetico. In due o tre elementi. Secondo Paul Maas: Solo gli errori poligenetici sono congiuntivi o separativi. Solo gli errori monogenetici sono congiuntivi o separativi. L’errore può essere monogenetico/poligenetico (l’uno esclude l’altro). L’errore può essere monogenetico e poligenetico. Secondo Paul Maas: Solo gli errori poligenetici sono congiuntivi o separativi. Solo gli errori monogenetici sono congiuntivi o separativi. L’errore può essere congiuntivo e separativo. L’errore può essere congiuntivo/separativo (l’uno esclude l’altro). Descrivi gli errori significativi secondo Paul Maas e commenta tale classificazione. Secondo Paul Maas gli errori significativi si articolano in DUE COPPIE: nella prima il polo esclude il secondo e viceversa mentre nella seconda le due tipologie non sono alternative e dunque possono convivere. Gli errori della prima coppia sono l’errore MONOGENETICO e quello POLIGENETICO. Nella seconda coppia, invece, abbiamo l’errore CONGIUNTIVO e quello SEPARATIVO. La prima coppia riguarda i modi secondo i quali l’errore si produce ed è interessata più alla genesi dell’errore che non ho l’errore stesso.la seconda coppia invece si appunta su caratteristiche intrinseche dell’errore e sulle sue capacità operative, che permettono deduzioni sui modi in cui l’errore si è propagato meno. Per “errore MONOGENETICO” si intende un errore che a scarse probabilità di essersi prodotto in maniera indipendente più di una volta; per “errore POLIGENETICO” si intende un errore che a alte probabilità di essersi prodotto indipendentemente.un errore è MONOGENETICO oppure POLIGENETICO, dunque non potrà essere entrambi allo stesso tempo. Ci sono precondizioni che rendono possibile che i copisti diversi, lontani nel tempo e nello spazio, senza alcuna relazione tra loro, commettano lo stesso errore (Poligenetico). Se invece l’errore è comune a due o più codici e monogenetico. Viene trasmesso attraverso le copie che stanno tra loro in un rapporto di affinità o familiarità.questo tipo di errore a capacità congiuntiva perché permette di dedurre l’affinità genetica, la giunzione familiare fra i codici. Solitamente un errore congiuntivo, essendo monogenetico, permette di congiungere tutte le testimonianze. Diversamente, l’errore SEPARATIVO, non è correggibile con il solo iudicium di un copista medio.non è sanabile e rende il testo unico. Un errore monogenetico (congiuntivo) può essere anche non correggibile e dunque separativo. -. Nell’edizione critica della vita nuova, il Barbi. Ha individuato una sola famiglia di testimoni. Non è distinto errori ed errori significativi. Ha distinto tra errori ed errori significativi. Hai individuato due famiglia di testimoni entrambe corrette. Descrive commenta l’esempio di errore genetico-congiuntivo riguardante la Vita Nova di Dante. In un passo della Vita Nova Dante rimprovera, prima in prosa poi nel sonetto, “l’amaro lagrimar che voi faceste” i propri occhi di essere strumento di un tradimento alla memoria di Beatrice. Alcuni codici (famiglia alfa) presentano al v.3, il luogo della ripetizione di “lagrimar” (che compare al v.1) il verbo “maravigliar”. Bisogna però notare che, nella lezione che ripete “lagrimar” al v.4, il testo afferma che il pianto degli occhi del poeta si trasmetteva agli occhi di chi lo guardava, tanta era la pena che quel pianto generava in chiunque lo vedesse; molto meno pregnante ed enfatico è invece “maravigliar”: sarebbe una considerazione ovvia e significherebbe altro. Dunque, l’errore stampa i codici (alfa) che hanno sostituito “lagrimar” con “maravigliar” in maniera consapevole, da chi voleva evitare la ripetizione di cui non aveva compreso la carica semantica. Si hanno qui due scelte concomitanti: la volontà di eliminare la ripetizione e la scelta di sostituire alla seconda occorrenza un preciso e sono lessema e fra gli altri teoricamente possibili. -. Le ipotesi teoriche su due copie A e B: Ammettono che A e B risalgano a un testimone perduto “interpositus” (che si frappone) rispetto all’originale O. Non ammettono che A e B risalgano a un testimone perduto “interpositus” (che si frappone) rispetto all’originale O. Non ammettono che A derivi da B il quale risale all’originale O. Non ammettono che A e B risalgano entrambi all’originale O. In una tradizione composta da due copie A e B sono possibili: Quattro configurazioni genealogiche. Due configurazioni genealogiche. Nessuna configurazione genealogica. Tre configurazioni genealogiche. Descrivi le articolazioni di uno stemma codicum che preveda un testo trasmesso in due copie. Uno stemma codicum che prevede un testo trasmesso in due copie è il caso astratto più semplice possibile. Poniamo che il nostro testo sia tramandato da due copie, siglate A e B. In tal caso le configurazioni possibili sono quattro: B deriva da A, il quale risale all’originale O; A deriva da B, che risale all’originale O; A e B risalgono ciascuno per proprio conto all’originale O; A e B risalgono per proprio conto un testimone perduto (siglato X) che si frappone (interpositus) fra l’originale O e la tradizione conservata. -. L’assenza di errori congiuntivi in A e B: Asserisce una ascendenza non comune ai due testimoni. Ammette un'ascendenza comune ai due testimoni. Nega una comune ascendenza tra i due testimoni. Non è rilevante nello stemma. Si ammette che le copie A e B risalgano all’originale O: Se in A si trova un errore separativo che non compare in B e viceversa. Se A si trova un errore congiuntivo che non compare in B e viceversa. Se in A sì trova un errore separativo che compare in B. Se in B si trova un errore congiuntivo che non compare in A. Spiega il codice interposto (codex interpositus) nella riproduzione di un testo nell’ambito dei possibili rapporti di due copie rispetto all’originale. Il CODEX INTERPOSITUS è un testimone perduto che funge da snodo all’interno di uno stemma codicum, imposizione intermedia tra l’archetipo o un subarchetipo e la tradizione che ne deriva. Possiamo chiarire il concetto prendendo ad esempio una delle quattro configurazioni possibili di rapporti genealogici che preveda un testo trasmesso in due copie. Avremo in questo caso i due testimoni A e. Che risalgono per proprio conto a tale testimone perduto (X) che si frappone fra l’originale O ehi la tradizione conservata da A e B. -. Un testo conservato in tre copie superstiti siglate A, B e C: Ammette almeno sei configurazioni genealogiche possibili. Ammette quattro configurazioni genealogiche possibili. Non ammette configurazioni genealogiche possibili. Ammette sei configurazioni genealogiche possibili. Per dimostrare la dipendenza reciproca tra tre copie A, B e C: Saranno sufficienti tre errori significativi. Non è necessaria la presenza di errori significativi. Saranno necessari almeno due errori significativi. Saranno necessari almeno quattro errori significativi. La presenza dell’archetipo X in uno stemma è considerata: Costante, necessaria e indispensabile. Costante ma non necessaria. Non necessaria. Casuale e non indispensabile. In uno schema tripartito secondo il Lachmann: Possono trovarsi varianti adiafore in comune a due testimoni. Le copie A, B e C non dipendono dall’archetipo X. Le copie A, B e C dipendono direttamente dall’originale O. Non possono trovarsi varianti adiafore in comune a due testimoni. Il richiamo di Bedier alla filologia umanistica: È anteriore al 1890. È collocabile al 1890. È collocabile nel 1913. È una costante della sua attività. Il metodo del Lachmann si rivela meno efficace: In assenza di tradizione orizzontale. In presenza di tradizione verticale o contaminazione. In assenza di contaminazione. In presenza di tradizione orizzontale o contaminazione. Il metodo del Lachmann: Si propone di tracciare uno stemma disposto su un asse orizzontale. È fondato sull’assioma che di copia in copia gli errori aumentino. È applicabile in caso di contaminazione. È fondato sull’assioma che di copia in copia gli errori diminuiscano. Contaminare e corrumpere: spiega questi concetti dalla filologia umanistica fino al Lachmann e Bedier. Con “contaminazione“ si fa riferimento alla mescolanza di tradizioni messa in opera secondo una serie di modalità di copia, tutte riconducibili alla prassi per la quale il copista utilizza non solo un autografo, ma due. Attingendo di volta in volta all’uno o all’altro modello, la copia contamina due tradizioni, più o meno lontane tra loro. Questa prassi era già nota ad alcuni predecessori di Lachman e a egli stesso mentre, nonostante l’apparente ovvietà, fu ignota (o almeno non venne formulata) dagli umanisti, i quali al verbo apri “contaminare” attribuivano il significato di “corrumpere”. La contaminazione, che indica una trasmissione orizzontale del testo, costituisce un evento che offusca la classificazione di Lachman, elemento di disturbo per la meccanica applicazione del metodo. Non è facile sapersi districare da esso: non sono stati trovati seri rimedi, ma solo indicazioni di massima (Paul Maas diceva che non c’è alcun rimedio). Bedier, nell’ottocento, sosteneva che si dovesse procedere alla pubblicazione di un’opera sulla base di un sola manoscritto, il BON MANUSCRIT, ovvero il miglior manoscritto tra i testimoni posseduti e studiati. Questo non si sceglieva a caso ma bisognava dimostrare concretamente le ragioni della scelta. Con Bedier entrava in crisi il metodo di Lachmann. Le critiche che B. Aveva rivolto al metodo stemmatico avviarono un buon successo del bon manuscrit. Fu poi Giorgio Pasquali a recuperare il metodo di Lachmann, pur senza ignorare completamente i contributi di Bedier. Secondo Pasquali l’edizione critica di un testo non è lasciato al gusto dell’editore e le operazioni di critica testuale sono precedute supportate da un approfondito studio teorico della tradizione testuale; se l’intera tradizione non deriva da un unico archetipo è necessario ricorrere a strumenti correttivi basati su criteri interni come l'usus scribendi e la lectio difficilior. -. La restitutio ope codicum nel metodo del Lachmann: Non si avvale della legge della maggioranza. Non può attuarsi secondo criteri meccanici. Non può attuarsi secondo criteri interni. Può attuarsi secondo criteri meccanici o criteri interni. La restitutio textus nel metodo del Lachmann: Non si avvale dell'ope ingenii. Non corrisponde all'emendatio. Non si avvale dell'ope codicum. Corrisponde a due attività differenti (ope codicum e ope ingenii). La restitutio textus ope codicum: criteri meccanici, criteri interni e legge della maggioranza. La restitutio textus ope codicum (restituzione del testo sulla scorta di testimoni) può attuarsi secondo criteri meccanici oppure secondo criteri interni.la costruzione dello stemma rappresenta schematicamente la storia del testo ed è un meccanismo in grado di guidare nel discriminare fra varianti adiafore concorrenti; è possibile calcolare meccanicamente la maggiore o minore probabilità che ciascuna delle varianti adiafore abbia di risalire all’originale. Si tratta della legge della maggioranza, ragionata e non numerica. In soccorso del filologo vi è una serie di criteri interni (interni cioè al testo, alle sue ragioni semantiche o linguistiche o anche agli usi propri dell’autore). In contrapposizione, il criterio meccanico può considerarsi esterno perché ha fatto ricorso, al di fuori del testo, alla sua tradizione per decretare la maggiore forza dell’una o dell’altra variante. Due criteri interni sono l'usus scribendi e la lectio difficilior. La prima è l’abitudine di scrittura (abitudini linguistiche e/o stilistiche proprie dell’autore e/o della sua epoca. La lingua dell’autore può funzionare come cartina tornasole per le varianti concorrenti, facendo forza sulle sue abitudini personali. La lectio difficilior, invece, è la lezione più difficile, polo opposto della lectio facilior, cioè della banalizzazione. Laddove i manoscritti sono in conflitto sulla determinata parola, il termine più insolito è anche quello più fedele all’originale (di solito). Il presupposto è che per i testi giunti attraverso la tradizione manoscritta, i copisti sostituissero più spesso le parole e le espressioni difficili e i detti inusuali con frasi e parole più comuni. Alla base la tendenza di sostituire una forma rara e difficile una più semplice e consueta; vi è quindi maggiore probabilità che fra autore copista, al primo vada attribuita maggiore cultura ed esperienza letteraria. -. La restitutio ope ingenii nel metodo di Lachmann: Non è applicabile in caso di diffrazione in absentia. È detta anche divinatio. Non è definibile divinatio. Non è definibile congettura. La restitutio textus ope ingenii: commenta questo procedimento indicando quale situazione lo determina. Può verificarsi che è una lezione difficile del testo originale venga contrapposta più di una penalizzazione (Lectiones faciliores) dando luogo a una DIFFRAZIONE. Se la lectio difficilior e (attestata in almeno un testimone) è utilizzabile entro la restitutio ope codicum, al contrario, in sua assenza, abbiamo la ope ingenii. A una diffrazione in absentia si può porre rimedio solo ope ingenii congetturando una lectio difficiolior. Il tentativo di ristabilire l’originale non è viene più con il supporto di testimoni, ma il filologo, in totale isolamento, deve fare appello alle proprie competenze linguistiche, letterarie, metriche, storiche, alla conoscenza approfondita del testo e del suo messaggio (Ope ingenii è detta anche divinatio); dovrà quindi recuperare congetturalmente la lezione che era dell’originale e che la tradizione manoscritta non trasmette più. -. La restitutio della facies linguistica: Non è opportuna nel caso di tradizione monotestimoniale. È opportuna nel caso di tradizione monotestimoniale. È da escludere nel caso di tradizione pluritestimoniale. È applicata solo nella filologia classica. La restitutio della facies linguistica è una fase: Non è un passaggio fondamentale delle filologie nazionali. Non è esclusiva della tradizione pluritestimoniale. Presente nella filologia classica greca e latina. Assente nella filologia classica greca e latina. La restituzione della facies linguistica: in tradizione monotestimoniale e pluritestimoniale. La restituzione della facies è la sesta e ultima fase del metodo di Lachmann, completamente estranea alla filologia classica greca e latina. È un passaggio fondamentale delle filologia nazionali nate e, per secoli, vissute in assenza di una normativa ortografica e grammaticale che proponesse un’unica corretta norma di scrittura; in presenza di una frammentazione linguistica che solo l’unificazione culturale e politica poteva rendere tangibile. Si tratta di restituire luce sulle varianti linguistiche o fono-morfologiche, che vanno registrate quando il filologo, incerto della provenienza geografica del testo, non so se le varianti linguistiche di aree geografiche differenti appartengono al fondo o alla patina del suo testo. In caso di tradizione monotestimoniale interviene solo sulle varianti ortografiche. Il problema della resa linguistica consiste nei suoi aspetti fono-morfologici, esclusivo della tradizione pluritestimoniale. Nella monotestimoniale, infatti, l’aspetto fono-morfologico non è sostanzialmente in discussione poiché si tratta di una base documentaria imprescindibile da cui non è lecito allontanarsi neanche quando c’è il fondato sospetto che essa non appartenga all’originale. -. L’apparato in un’edizione critica: Registra tutto in parte le lezioni rigettate. È equivalente al commento. Non registrare lezioni rigettate. Non pertiene all’intervento sul testo da parte del filologo. Introduzione testuale, testo critico e apparato: Sono componenti necessarie di qualsiasi testo pubblicato. Sono componenti necessari di un’edizione critica. Sono interscambiabili in un’edizione critica. Sono componenti accessorie di un’edizione critica. L’introduzione in un’edizione critica: Pertiene all’autore e all’opera da un punto di vista storico-culturale o storico-letterario. Dà conto del lavoro testuale svolto. Non pertiene all’intervento sul testo da parte del filologo. Può essere sostituita da una premessa storica culturale o storico-letteraria. L’edizione critica: caratteristiche (e componenti) necessarie. L’edizione critica deve avere le seguenti caratteristiche: introduzione variamente articolata e che dia conto del lavoro testuale svolto; testo dell’opera criticamente fondato; apparato che registri tutte o in parte le lezioni rigettate che consentiranno al lettore di farsi autonomamente un’idea delle scelte operate dall’autore. Se una o più di queste caratteristiche mancasse non saremmo di fronte un’edizione critica vera e propria. Ci sono testi affidabili in circolazione, anche in edizioni molto economiche che, pur offrendo un testo critico (criticamente fondato) non sono corredate né da un’introduzione testuale (sostituita spesso da una premessa di tipo storico-culturale o storico-letterario) ne dà un apparato. Queste edizioni non offrono tutti gli elementi per poter discutere e mettere in dubbio i risultati raggiunti. -. È un esempio di testo critico con numerazione dei versi operata dal filologo: Il Fiore. Le Laudes creaturarum di San Francesco. La Divina Commedia. La Storia d’Italia di Guicciardini. Quali di questi elementi sono pertinenti al testo critico?. Introduzione storico-letteraria. Commento. Facies linguistica non determinata. Criteri ortografici e numerazione di versi o paragrafi. L’edizione critica: il testo delle Laudes creaturarum. Dopo le fasi della collatio, della restitutio textus, della facies linguistica e della scelta dei criteri ortografici, e il filologo restano da compiere poche scelte di carattere generale. Nel caso di un testo in prosa numererà i versi sul margine; se invece si tratta di un testo in prosa privo di partizioni interne stabilite dall’autore, suddividere il testo in paragrafi e sottoparagrafi. Questa operazione poco problematica è più delicata nel caso di un testo la cui struttura versale e rimica sia poco chiara e conosca pochi paralleli. È il caso delle Laudes di San Francesco: si tratta di lasse, strofe dal numero di versi variabile identificate sulla base di un’identica rima o assonanza-consonanza. Tale uso è stato ratificato dall’antologia dei poeti del 200, pubblicata a cura di Gianfranco Contini nel 1960 dalla casa editrice Ricciardi. Mette in evidenza gli elementi metri riconoscibili, ma fa dimenticare che probabilmente le Laudes francescane sono in “prosa rimata”. Inoltre lo schema, è relativamente libero, è autorizzato dal modello dei salmi biblici che però, prima della metà del 500, non venivano trascritti ho stampati con andate a capo versali. -. È un esempio di testo critico in prosa con interventi ortografici sostanziali da parte il filologo: Il Roman de la Rose. Le Laudes creaturarum di San Francesco. La Cronica di Anonimo Romano. La Divina Commedia. L’edizione critica: il testo della Cronica di Anonimo Romano. Nel 1979 fu pubblicata dalla casa editrice Adelphi, per le cure di Giuseppe porta, un testo edito solo parzialmente. Si tratta della Cronica di Anonimo Romano, di cui conosciamo solo la sua provenienza. La Cronica narra eventi romani ed europei fra il 1327 e il 1360 (forse no rifinita invece lasciato in completa). È estremamente utile per conoscere il romanesco trecentesco, la trasmissione manoscritta è estremamente tarda poiché nessun manoscritto, infatti, è anteriore a 1550… Quasi due secoli separano l’originale e la copia più antica. L’edizione a cura di Giuseppe Porta è stata sottoposta a revisione da parecchi recensori, che hanno proposto migliorie numerose sostanziali in relazione alla restitutio di singoli passi non ben compresi dall’editore, la cui ricostruzione stemmatica è stata riconosciuta unanimemente. Con la sua sintassi complessa, in una lingua poco studiata nei suoi dettagli, a messo a dura prova il filologo. Esempi negativi nell’edizione riguardano anche l’interpunzione: ci sono errori ascrivibili a disattenzione, ma anche a un deficit di conoscenze linguistiche da parte dell’editore.restaurarla correttamente consentirebbe di conoscere meglio la lingua dell’autore e alcuni suoi tratti stilistici, ma evidenzierebbe anche i livelli testuali che convivono nell’opera, come porzioni narrative e luoghi metatestuali in cui l’autore parla di sé e della propria scrittura. ✌🏻. La Legenda del santo Stadi a cura di Mauro Badas: Non è un esempio di apparato critico in una tradizione monotestimoniale. È un esempio di tradizione pluritestimoniale. È un esempio di apparato critico di una tradizione monotestimoniale. Non è corredata di apparato critico. L’apparato di un testo critico si rivela: Un' inutile zavorra per l’editore. Inutile per indagini storico-linguistiche o della tradizione. Utile per indagini differenti relative alla storia della tradizione e della lingua. Un archivio degli orrori della tradizione. L’apparato di un testo critico: Rappresenta un archivio dal quale possono rendersi disponibili soluzioni migliori. Rappresenta un commento storico-culturale o storico-letterario. Non rappresenta un archivio dal quale possono rendersi disponibili soluzioni migliori. Non rappresenta un archivio di interpretazioni antiche del testo. Revisione critica: funzione e necessità dell’apparato. Il filologo rende conto del proprio lavoro in maniera dettagliata ed esauriente. Se nell’introduzione ha dato conto delle scelte stemmatiche a necessità di mettere a disposizione del lettore la varia lectio, lezioni da lui scelte per offrire tutti i dati presi in esame. Quel che è il filologo accettato viene inserito nel testo, ma ciò che è rigettato viene inserito in apparato: uno strumento posto a pié del testo o anche infine al testo stesso. L’apparato è uno strumento di lavoro imprescindibile la tiene alla sua moralità. Offrire il testo senza apparato sarebbe come non offrirlo: sarebbe un testo ipoteticamente ricostruito, ma come “il“ testo, assolutizzandolo e rifiutando quel sentimento di umiltà. L’apparato continua quel confronto che ha guidato il lavoro fin dalle sue prime fasi.assicura la possibilità per l’utente di verificare i dati documentati e te che ha fatto l’editore, consente a tutti di esprimere il proprio giudizio su ogni singola azione. È una sorta di banca dati, di archivio, con tante interpretazioni antiche del testo, magari non risalenti all’autore e dunque da eliminare dal testo ricostruito perché lo si vuole il più approssimativa l’originale, ma comunque utili per indagini differenti relativa alla storia della tradizione. 👌. L’apparato critico in una tradizione monotestimoniale: Non può essere negativo. Non è opportuno. È sconsigliato. Prevede una doppia opzione. Nel caso di unico testimone gli errori possono: Essere segnalati esclusivamente in apparato. Essere presentati in una tripla opzione. Essere segnalati e corretti esclusivamente nel testo. Essere segnalati e corretti direttamente nel testo e/o essere riferiti in apparato. Leggere l’apparato: Legenda de santo Stadi a cura di Mauro Badas. La veneziana Legenda de santo Stadi di Franceschino Grioni è stata edita a cura di Mauro Badas nel 2009 con la casa editrice padovana Antenore, ma era già stata pubblicata nel 1930 da Angelo Monte Verdi. Si tratta di un testo testimone unico. Badas avvertito che le parentesi uncinate (<>) racchiudono le porzioni espunte, le parentesi quadre ([]) le porzioni di testo integrate dall’editore rispetto al manoscritto: interventi necessari a raggiungere, pur nel rispetto di una libertà metrica (anisosillabismo entesi la misura del novenario, metro base della Legenda. In basso rispetto al testo vi è un apparato negativo contenente l’indicazione del numero del verso, la lezione e la lezione del testimone del quale e ho messo anche la sigla. Sebbene l’apparato sia molto scarno, le mende riconosciute dall’editore sono molto più numerose; nel caso di un unico testimone infatti gli errori possono essere corretti direttamente nel testo anziché riferiti in apparato. Questa doppia opzione ha giocato l’editore un brutto scherzo facendoli commettere alcuni errori perché il testo la lezione accolta in apparato non sempre corrispondono. 👀. L’apparato e il commento sono due risorse: Entrambe riconducibili alla costituzione (restitutio) del testo. Entrambe riconducibili all'esegesi e interpretazione del testo. Entrambe necessarie e complementari. Utilizzabili in modo disgiunto e alternativo. Descrivi la complementarietà di apparato e commento alla luce della posizione di Cesare Segre. Nonostante le case editrici impongano una scelta che li prevede come alternativi, l’apparato il commento sono complementari l’uno all’altro e necessariamente integrati. Per difficoltà di impaginazione sono pochissime le case editrici con più di una fascia di note a pié di pagina e sempre più rare quelle che lasciano convivere nella stessa pagina una fascia di apparato una fascia di commento. Le tue risorse si trovano quasi sempre più giunte avremo a diretto contatto con il testo stabilito criticamente o l'una o l’altra delle due risorse. Lachmann raccomandava di recensere sine interpretatione, non si può stabilire correttamente un testo critico se non ci si piega comprendere ogni dettaglio. Il commento continua aiuta l’editore critico. Le scelte ECDOTICHE (branca della filologia che prevede la ricostruzione di una forma quanto più vicina all’originale attraverso la comparazione dei suoi testimoni) sono sorrette è confermata dal commento che abbraccia la semantica, il contenuto, la lingua, ma anche l’intertestualità e l’interdiscorsività di cui Cesare Segre ha fornito una spiegazione: il termine “intertestualità” (introdotto da Julia Kristeva) a nudo alla rete di relazioni (ideologiche, letterali eccetera) che il testo di un autore stabilisce con altri testi; Segre segnala che le riprese, le citazioni o le allusioni non sempre rimandano ad altri testi, ma anche a discorsi, a modi di pensare che non necessariamente si concretizzano in testi scritti (interdiscorsività). ✌🏻. Nell’apparato del sonetto Se non si move da ogni parte amore: Si individua uno stemma tripartito. Non sono registrate varianti linguistiche e morfologiche del testimone Br rispetto a V. Sono registrate solo varianti grafiche. Sono registrate le varianti linguistiche e morfologiche del testimone Br rispetto a V. Nei testimoni V e Br del sonetto Se non si move da ogni parte amore: Le ipermetrie di V non sono da considerare esclusivamente grafiche. Le forme apocopate di Br non sono riconducibili alla patina linguistica settentrionale. Le ipermetrie di V sono riconducibili alla scriptio plena e quindi apparenti. Le ipermetrie di V sono da considerarsi errori. Lettura di un’edizione critica: i testimoni V e Br del sonetto Se non si move in ogni parte amore. Il sonetto è trasmesso le due manoscritti, entrambi conservati alla biblioteca Apostolica vaticana in due fondi diversi: VATICANO e BARBERINIANO. Il più antico, il Vaticano latino (fine XIII secolo-inizi XIV secolo) è un monumento della nostra lirica antica e rappresenta una preziosissima testimonianza, in alcuni casi unica, della poesia duecentesca. Il secondo codice è invece una silloge di rime, in parte del poeta Niccolò de Rossi che vi trascrisse anche rime proprie ed è di poco posteriore al manoscritto precedente, essendo databile fra il 1325 e il 1328. I due manoscritti sono diversamente caratterizzati dal punto geografico e linguistico; il Vaticano è di mano di un copista sicuramente fiorentino, il codice Barberiniano appartiene all’area veneta, in particolare a Treviso. Di questa caratterizzazione linguistica rende conto l’apparato posto in calce al testo critico del sonetto, edito da Franca Brambilla Ageno per la casa editrice padovana Antenore. L’apparato riferisce tutte le varianti settentrionali di Br. con tratti fonetici di varia natura, tutti pienamente spiegabili come forme settentrionali rispetto alle corrispondenti forme toscane, se non propriamente fiorentine, attestate da V. 🦆. La lezione “loro” al v. 11 del sonetto Se non si move da ogni parte amore. Prova la dipendenza del testimone V da Br. Esclude la dipendenza dei testimoni V e Br da un comune ascendente. Prova la dipendenza dei testimoni V e Br da un comune ascendente. È sufficiente a escludere la dipendenza dei testimoni V e Br l’uno dall’altro. L’errore di ipometria al v.9 del sonetto Se non si move da ogni parte amore: Prova la dipendenza del testimone Br da V. Esclude la dipendenza dei testimoni V e Br da un modello comune. È sufficiente escludere la dipendenza dei testimoni V e Br l’uno dall’altro. Suggerisce la dipendenza dei testimoni V e Br entrambi da un modello comune. Argomenta l’ipotesi su un comune ascendente dei testimoni V e Br dal sonetto Se non si move da ogni parte amore. 💁. Nel sonetto c’è una terzina presente al v.9, lacuna di entrambi i testimoni, errore congiuntivo monogenetico, che non si presenta lo stesso stadio: V lo ha conservato mentre Br a tentato di correggerlo senza riuscirci (natura separati Iva) non offrendolo più nella stessa identica lezione di V. Il fatto che entrambi risalgano è un comune ascendente è confermato al v.11 con il medesimo errore “lo riduce”: qui il pronome “” è riferito al femminile “luce”. Si potrebbe pensare che poco prima ci fosse la parola “sole“, ma non si può pensare che i due copisti abbiano poligeneticamente accordato “lo riduce“ (il sole) obliterando l’oggetto principale del discorso (la luce) richiamato poche sillabe prima con il medesimo pronome personale femminile. Si può dunque proporre l’esistenza di un archetipo X da cui discendono V e Br, caratterizzato dai due errori congiuntivi: il primo consistente in una lacuna e il secondo in un mancato accordo nel genere. Del poemetto Il Fiore: Sono stati conservati tre manoscritti. È stato conservato un solo manoscritto. Esiste soltanto l’edizione critica di Gianfranco Contini. Esistono due recenti edizioni critiche e nuovi interventi letterari e interpretativi. L’edizione critica del Fiore di Gianfranco Contini: Non affronta la questione dell’attribuzione del poemetto a Dante. Pubblicata nel 1984 è il frutto di un lavoro più che decennale. Non affronta la questione della produzione didattico-allegorica francese. Pubblicata nel 2010 è frutto di un lavoro decennale. Descrivi la tradizione manoscritta del Fiore a partire dagli interventi più recenti. La tradizione manoscritta del Fiore è monotestimoniale. Sul finire dell’ottocento, il primo editore Ferdinand Castets, si trovava nella biblioteca della facoltà di medicina dell’Università di Montpellier dove insegnava proprio l’editore. Nel 1888 Salomone Morpurgo vide il facsimile del codice e si rese conto che il copista del Fiore fosse lo stesso che aveva trascritto quattro carte del codice Ashburham 1234 della biblioteca medicea Laurenziana, contenente un altro poemetto, il Detto d’amore, che trattava anche la stessa materia. Il manoscritto ashburhamiano era arrivato in Italia nel 1884, quando il governo italiano aveva acquistato la collezione che l’inglese dal medesimo nome aveva messo all’asta, contenente a sua volta quanto aveva acquistato dal matematico italiano Guglielmo Libri. Quest’ultimo, amante dei libri dei manoscritti, aveva frequentato numerose biblioteche italiane e francesi, trafugando i volumi che aveva consultato o asportando nei fascicoli o carte. Ci vuole poco per capire che le quattro carte nel 1888 conservate in laurenziane avevano fatto parte del codice di Montpellier e che i due poemetti, ora separati, erano stati copiati da un medesimo copista e scritti dallo stesso autore. L’edizione del Fiore era già uscita nel 1881 e aveva già incrociato altri studiosi. Tre anni prima, nel 1678, il Castets si era rivolto a Alessandro d’Ancona, uno dei massimi conoscitori della storia letteraria italiana, il quale sapeva già dell’esistenza di quel codice H 438 perché aveva consultato precedentemente i cataloghi dei manoscritti delle biblioteche francesi e aveva capito che lo sconosciuto poemetto italiano fosse un riusa del poema francese Roman de la Rose. -. Nell’unico manoscritto che lo tramanda, il Fiore: È intitolato Roman de la Rose. È firmato da Guillaume de Lorris. È anepigrafo, cioè privo di titolo. È firmato da Jean de Meung. Il Fiore volgarizza in toscano: Tutte e due le parti del Roman de la Rose di Guillaume de Lorris e Jean Meung. Il Tresor di Brunetto Latini. La prima parte del Roman de la Rose di Guillaume de Lorris. La seconda parte del Roman de la Rose di Jean de Meung. Il Fiore e il Roman de la Rose: oggetto dei poemi. -. Il poemetto “il fiore” (a cui l’editore Castets diede questo titolo dalla parola in cui il poeta italiano aveva tradotto la Rose francese) riprende, pur con tagli notevoli, la storia del Roman de la Rose: in entrambi la narrazione è condotta in prima persona, parla di un viaggio allegorico durante il quale il protagonista, in un giardino abitato e custodito da personificazioni di sentimenti che consentono l’espressione dell’amore, vede un cespuglio di rose ed è attratto da un bocciolo. Amore ferisce il protagonista con le sue frecce e, il resto della vicenda, è costituito dai vari tentativi dell’amante di impostarsi del bocciolo di rosa, metafora della donna e della attrattiva sessuale che la esercita. Il bocciolo è custodito in vario modo e con vari artifici, prima da Dangier (Diniego, simbolo del pudore virginale; il Fiore lo tradurrà con “schifo“). Contro la volontà di Ragione, ma con l’aiuto di un Amico che mette a disposizione consigli astuzia, il protagonista persegue il proprio istinto e riesce a baciare la rosa. A seguito di ciò questa viene rinchiusa in un castello costruito da Gelosia, sotto la custodia di una Vecchia. La parte successiva, che nell’opera francese fu scritta da Jean de Meung, racconta degli sforzi fatti dall’amante per espugnare il castello con il concorso di Amore e dei suoi baroni o per entrarvi dentro con i buoni uffici della Vecchia. Lauto citazione dell’autore e la citazione di Sigeri di Bramante nel Fiore: Sono argomenti esterni nell’attribuzione. Non sono argomenti di carattere documentario. Sono argomenti interni nell’attribuzione. Sono argomenti stilistico-formali. L’attribuzione del Fiore da parte di Gianfranco Contini si fonda: Su argomenti esclusivamente stilistico-formali. Su argomenti di carattere esclusivamente documentario. Su argomenti di carattere documentario e stilistico-formale. Su argomenti inconsistenti. Il Fiore e la questione attributiva: descrivi gli argomenti esterni. Leggi lezione e 40. @. In riferimento alla lingua del Fiore non si può parlare di: Plurilinguismo. Esperimento gallicizzante. Linguaggio tragico dantesco. Lingua meticciata. Il Fiore: riporta la posizione di Gianfranco Contini sull’utilizzo degli strumenti informatici. Nel dibattito sull’attribuzione del fiore a Dante alcuni studiosi hanno fatto obiezione, contrapponendo diverse attribuzioni e riscontri lessicali sulla base di indagini esperite su banche dati (in modo informatico). Gianfranco Contini aveva già messo in guardia, con grande anticipo, nella voce “filologia” dell’enciclopedia del 900, commentando la dimostrazione barbiana dell’autenticità della tenzone fra Dante e Forese Donati. Il riscontro lessicale o sintagma attico condotto con supporti informatici non è in grado di cogliere le consonanze ritmiche o foniche o timbriche che soggiacciono in maniera il riflesso alla scrittura della singola personalità artistica, ma se non supportati da un’idea sull’autore, possono ritorcersi contro l’accertamento della verità che si sta cercando.questo è vero se si a che fare con uno scrittore come Dante, la cui storia è costellata da esperimenti e prototipi, spesso interrotti lasciati incompiuti. 💁. Il manoscritto del Fiore secondo Contini: È molto corrotto. Può non essere troppo lontana dall’autore e dall’originale. È databile al XII secolo. E sicuramente lontano dall’autore e dall’originale. L’utilizzo di strumenti informatici secondo Contini: Deve essere sistematico di fronte al plurilinguismo. Non rischia di confutare la tesi dell’autenticità della Tenzone a Forese Donati. Rischia di confutare la tesi dell’autenticità della Tenzone a Forese Donati. È opportuno per stabilire l’autenticità della Tenzone a Forese Donati. Il Fiore e il cosiddetto interventismo restituitivo di Contini. Leggi lezione e 42. -. Nell’attribuzione del Fiore a Dante: Si deve ipotizzare una divulgazione analoga a quella della Vita Nova. Si può ipotizzare una divulgazione diversa da quella della Vita Nova. Non deve essere tenuto in considerazione linguaggio comico realistico. Non si può ipotizzare una circolazione limitata nel testo. La vita nova è il fiore: come spiegare un eventuale autore comune sulla base della tradizione manoscritta. Leggi lezione e 43. -. La tradizione extravagante delle Rime di Dante: Corrisponde alla fase di scrittura circolazione di singoli pezzi poetici. È successiva la pubblicazione della Commedia. È successiva alla pubblicazione della Vita Nova. Non include alcun componimento poi confluito nella Vita Nova. L’edizione critica delle Rime di Dante a cura di Domenico de Robertis include come testimoni: Codice Marciano e Vaticano. Codice Escorialense e Marciano. Codice Vaticano e Barberiniano. Codice Escorialense e Vaticano. Definisce descrivi le tradizioni extravagante della Vita Nova. Leggi lezione 44. -. È considerata editio princeps della Vita Nova: La Giuntina del 1576. La Giuntina del 1527. La stampa Semartelli del 1576. La Semartelli del 1576. L’edizione Barbi della Vita Nova: Include almeno 74 manoscritti e due stampe antiche. Esclude l’edizione a stampa. Non distingue tra tradizione organica e inorganica. Esclude la tradizione organica. Come viene suddivisa la tradizione della Vita Nova nell’edizione Barbi. Leggi lezione 45. -. Descrivi la famiglia “alfa” della vita nova seconda revisione Barbi. Leggi lezione 46. -. Ipotesi di un archetipo della vita nova Secondo l’edizione Barbi. Leggi lezione 47. -. Lo studente definisca il termine ECTODICA. Branca della filologia che prevede la ricostruzione in una forma quanto più vicino all’originale attraverso la comparazione dei suoi testimoni. Ne è frutto l’edizione critica, che considera sia l’ipotesi del filologo sia le varianti scartate. Sch, impara. |