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TEST BORRADO, QUIZÁS LE INTERESE: Didattica e pedagogia speciale Lez. 70-96

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Título del Test:
Didattica e pedagogia speciale Lez. 70-96

Descripción:
Prof. Simone

Autor:
AVATAR
Francesca Montana
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Fecha de Creación: 30/04/2023

Categoría: Universidad

Número Preguntas: 73
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Temario:
Ha parlato di “pensiero narrativo”. Si tratta di: M. Montessori Bartolo Longo J. Bruner J. Piaget.
Per P. Ricoeur, si esiste nella misura in cui si è capaci di: ribellarsi raccontare parlare esprimersi.
Per favorire riscatto ed emancipazione del soggetto marginale, può essere utile offrirgli: incentivi economici racconti fantastici cui ispirarsi modelli speciali cui ispirarsi modelli identitari cui ispirarsi.
I soggetti (adulti e bambini) marginali sono in grado di manifestare, nonostante tutto, aree di competenza: inaspettate deficitarie incongruenti note.
“Speciale capacità di far fronte agli eventi traumatici, di opporsi alle avversità, di superarle ed a volte persino di uscirne rafforzati, manifestando adattamento, flessibilità e capacità di contrastare le avversità, piegandole a proprio vantaggio”. Stiamo parlando di: fortuna resilienza impegno progetto di vita.
Per ottenere resilienza, nel gruppo in formazione il soggetto marginale: va posto accanto al formatore va esentato dai compiti va posto al centro non deve rientrare.
La finalità dell’intervento formativo, destinato a soggetti adulti marginali è di: incrementare il loro bagaglio lessicale incrementare il loro bagaglio esperienziale renderli conformi alla convivenza civile renderli conformi alla normalità.
Un fronte sul quale lavorare, per assicurare empowerment al soggetto in condizione di marginalità, è il sostegno: alla motivazione al reddito al linguaggio al suo sistema familiare.
Il soggetto marginale, mediante le nuove conoscenze acquisite in un percorso formativo, va ad arricchire: il suo contesto di vita le pratiche formative l’istituzione che rappresenta il gruppo dei formatori.
Dal punto di vista educativo, lo stato di madre sola disagiata può penalizzare anche l’esercizio della funzione: genitoriale simbolica riproduttiva esecutiva.
Sulla categoria delle madri sole disagiate si concentrano una serie di: eventi fortuiti figli partner disagi.
Le giovani madri sole disagiate risultano povere soprattutto di: validi sussidi economici validi titoli di studio valide soluzioni abitative validi riferimenti affettivi.
Come osserva F. Bimbi, le madri sole nubili, in passato, erano soggette ad una forte: disapprovazione sociale depressione considerazione sociale empatia da parte dei familiari.
I legami sentimentali di una giovane madre sola disagiata sono in genere caratterizzati dalla presenza di violenza dal supporto della propria madre dall’assenza di un partner stabile dalla presenza di un partner stabile.
Le giovani madri sole disagiate rappresentano un fenomeno sociale non ancora adeguatamente analizzato anche dal punto di vista: pedagogico psicologico sociale psichiatrico.
Una importante risorsa per la vita della madre sola disagiata è rappresentata: dalla parentela più prossima dai figli maggiorenni dalla rete amicale da alcuni sussidi economici.
La rete parentale della giovane madre sola disagiata può essere al tempo stesso: affidabile e inaffidabile utile e inutile risorsa e fonte di problematicità ampia e ristretta.
Come evidenzia Giullari, le condizioni per imbastire un processo di reciprocità nel sostegno, per la giovane madre sola disagiata, è alquanto: possibile immediato facile improbabile.
Occorre impedire che si formi, nella giovane madre sola disagiata, una cultura della dipendenza come parte integrante della loro: identità specificità famiglia professionalità.
Una ricerca internazionale ha messo il luce come le giovani madri sole siano esposte a periodi di dipendenza dall’assistenza pubblica: alternativi brevi più lunghi della media sporadici.
Le forme di aiuto per le madri sole disagiate possono generare: soddisfazione autonomia dipendenza indipendenza.
Le due principali forme di aiuto per le madri sole disagiate sono rappresentate da: assistenza sociale pubblica e assistenza sociale privata sostegno della famiglia d’origine e lavoro autonomo assistenza sociale pubblica e aiuti da parte di amici assistenza sociale pubblica e sostegno della famiglia d’origine.
Come avvertono E. Ruspini e F. Bimbi, la povertà femminile è sempre intrecciata ad un percorso di: incoerenza devianza attaccamento dipendenza.
Per favorire il destino di una giovane madre sola disagiata possono influire: condizioni soggettive e condizioni oggettive condizioni familiari e variabili contestuali condizioni etniche e variabili ambientali condizioni fisiche e variabili contestuali.
Bolton, Laner e Kane affermano che i bambini di una madre sola adolescente sono esposti al rischio di: malformazioni difficoltà comportamentali devianza maltrattamento.
La trasmissione di madre in figlia della condizione di giovane madre sola disagiata è: difendibile non dimostrata dal punto di vista scientifico è vera dimostrata dal punto di vista scientifico.
Il bambino in condizione di disagio sociale vive l’esperienza scolastica con forte: distacco emotivo entusiasmo coinvolgimento emotivo trasporto.
Crosnoe e Copper affermano che i bambini in stato di marginalità sociale, economicamente svantaggiati, a scuola ottengono: punteggi più bassi rispetto agli altri compagni più considerazione da parte dei compagni punteggi più alti rispetto agli altri compagni più considerazione da parte dei docenti.
La scuola frequentata dal bambino in condizione di marginalità sociale può essere il luogo in cui intercettare i suoi primi segnali: di comunicazione di disagio di insofferenza di apprendimento.
Il focus del disagio infantile oggi può essere legato al concetto di povertà: educativa economica familiare sociale.
Il fenomeno della povertà educativa non può lasciare indifferente lo sguardo: dei genitori delle scienze sociologiche delle scienze economiche delle scienze pedagogiche.
Nei contesti del disagio sociale, avere un solo genitore rappresenta un: ulteriore fattore di criticità fattore ininfluente grande punto di forza ulteriore fattore di sostegno.
La finalità dell’intervento educativo, destinato ai portatori di disagio sociale, punta allo sviluppo in loro di: resilienza differenza resistenza emozione.
Bisogna aiutare il soggetto in condizione di disagio sociale a prendere consapevolezza dei propri bisogni e anche delle proprie: capacità criticità lacune debolezze.
La complessità che caratterizza il disagio sociale richiede una condivisione ampia della responsabilità: familiare personale educativa giuridica.
Il passaggio dagli istituti alla comunità si è reso necessario per rendere il modello assistenziale dei portatori di disagio sociale meno: spersonalizzante lungo personalizzato complesso.
Il progetto educativo individualizzato viene realizzato in comunità: soltanto per i bambini stranieri per ciascun ospite soltanto per coloro che presentano disabilità certificata soltanto per qualche ospite con particolari problematiche.
L’èquipe dei professionisti operanti in struttura predispone, per ciascun ospite un progetto educativo: individualizzato unico standardizzato globale.
Rispetto alle madri inserite nelle comunità di accoglienza, l’intervento educativo intende migliorare le loro capacità: genitoriali soggettive ambientali contestuali.
Il problema, da parte dell’utenza, della mancata accettazione del percorso comunitario, specie in fase iniziale, è piuttosto: raro saltuario normale frequente.
Come ha affermato M. Zappa, “chiudere davvero gli istituti” significa soprattutto lavorare sul territorio per costruire, a favore delle famiglie, una politica: di responsabilità condivisa di animazione sociale di partecipazione globale di negoziazione.
Il bambino si manifesta nel mondo e struttura una propria identità mediante: il corpo e il movimento il ruolo degli educator il ruolo degli insegnanti il corpo e la sua vivacità.
Alle funzioni motorie (corpo e movimento) sono collegate quelle: ambientali fisiologiche psichiche organiche.
Quale dei seguenti NON è un obiettivo educativo contemplato nel progetto educativo individualizzato di un bambino ospite di una comunità educativa di accoglienza: Incremento delle capacità relazionali Miglioramento del carattere Raggiungimento del successo scolastico Acquisizione delle routine quotidiane.
Il modello di convivenza nella comunità di accoglienza ha come riferimento: l’ambiente familiare l’ambiente esterno il contesto assistenziale il contesto scolastico.
La maternità deve essere una condizione: assegnata critica fortemente ricercata fortemente voluta.
L’intervento educativo, rispetto alla dimensione assistenziale: è successivo è ripetitivo è precedente deve andare oltre.
Il problema, da parte dell’utenza, della mancata accettazione del percorso comunitario, specie in fase iniziale, è piuttosto: normale saltuario frequente raro.
Il progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza serve per tenere attiva: la dimensione progettuale degli interventi da realizzare la dimensione simbolica degli interventi da realizzare la dimensione organizzativa degli interventi da realizzare la dimensione valutativa degli interventi da realizzare.
La costruzione di un progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza non può prescindere da un coinvolgimento: dell’assistente sociale del soggetto per il quale viene realizzato dell’ambiente comunitario ospitante del consulente legale dell’utente.
La struttura di un progetto educativo individualizzato realizzato in comunità educativa di accoglienza rimane: flessibile coesa conclusa articolata.
Da una comunità educativa di accoglienza occorre essere dimessi: nei primi due mesi immutati rispetto alla fase di ingresso mutati rispetto alla fase di ingresso nel più breve tempo possibile.
Il progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza è previsto: Soltanto per i maggiorenni Per tutti gli utenti accolti Soltanto per le madri Soltanto per i bambini.
Progettare, in ambito educativo, significa riuscire ad anticipare: la risposta dell’utenza un indicatore di valutazione un risultato atteso la domanda dell’utenza.
“Identifica la missione educativa della struttura e descrive la sua natura sistemica”. Ci stiamo riferendo al: progetto educativo individualizzato progetto educativo complessivo progetto educativo contingente progetto educativo di comunità.
Il verbo “progettare” deriva dal latino proiectum, traducibile con: “progettando” “mettersi alle spalle” “gettare indietro” “gettare in avanti”.
Attraverso una adeguata progettazione educativa, la struttura educativa di accoglienza definisce la sua speciale: personalità identità sostanza forma.
Per praticare davvero percorsi di deistituzionalizzazione delle risposte di accoglienza in comunità educativa sono fondamentali: relazione e corresponsabilità valutazione e azione relazione e comprensione corresponsabilità e azione.
Nella pratica professionale quotidiana dell’educatore, non è più ammissibile una assenza, seppur parziale, di: progettualità controllo imprenditorialità serenità.
La comunità educativa di accoglienza esprime e rivendica una forte identità: terapeutica pedagogica istituzionale riabilitativa.
I professionisti operanti nelle comunità educative di accoglienza devono primariamente essere disposti: alla valutazione a raccontare alla conversazione all’ascolto.
Nella comunità educativa di accoglienza, per gli assisti, il benessere diventa una prospettiva esistenziale: scontata già raggiunta in passato da raggiungere irrilevante.
La comunità educativa mamma-bambino nasce dall’esigenza di non privare il piccolo della presenza di una madre: valida molto adeguata sola seppur parzialmente adeguata.
La teoria dell’attaccamento ha sottolineato come il legame con la madre sia il contesto privilegiato per lo sviluppo: sociale infantile umano globale.
Le figure professionali presenti nell’organigramma di una comunità educativa mamma-bambino sono generalmente: psicologo, pedagogista, assistente sociale il team degli educatori professionali coordinatore, psicologo, assistente sociale, avvocato coordinatore, pedagogista, psicologo, assistente sociale, educatore.
La normativa vigente prevede che le comunità educative abbiano a disposizione un massimo di: 25 posti 7 posti 20 posti 10-12 posti.
La permanenza in struttura educativa mamma-bambino è strettamente connessa al tempo necessario al raggiungimenti degli obiettivi previsti: dal servizio sociale territoriale dal coordinatore dal comune di residenza dal progetto educativo individualizzato.
Anche per il piccolo ospite della comunità, come per la sua mamma, va predisposto e perseguito un: progetto educativo individualizzato piano di verifica progetto educativo di comunità piano di lavoro.
Si auspica che la permanenza del bambino in una comunità educativa sia il più possibile: affollata breve vivace sinergica.
I bambini che nascono in comunità rappresentano ad oggi un fenomeno sociale: sconosciuto dal punto di vista scientifico scarsamente indagato dal punto di vista scientifico ampiamente conosciuto dal punto di vista scientifico scarsamente accettato dal punto di vista scientifico.
Gli allievi di origine straniera, portatori di disabilità, sono caratterizzati da doppia: potenzialità difformità socialità differenza.
L’attenzione pedagogica sugli allievi di origine straniera, portatori di disabilità, finora è stata: misurata scarsa continua consistente.
La disabilità è una variabile anche di tipo: speciale linguistico eccezionale culturale.
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